Lezioni Americane, Italo Calvino, Palomar/Mondadori, 1993
«Dopo aver assunto LSD ho aperto gli occhi. Noi usiamo solo un decimo della nostra mente. Pensa a che cosa potremmo fare se potessimo far emergere la parte nascosta. Avremmo un mondo completamente nuovo se i politici assumessero LSD. Non ci sarebbero più né guerre né povertà né fame»?
Paul McCartney, intervista pubblicata su «Queen» e ripresa da «Life» il 16 giugno 1967.
Una sera come tante altre, Paul McCartney e Linda Eastman raggiungono la band a cena. Sarà lo stesso Paul a raccontare l’episodio al Musician Magazine nell’Ottobre del ’86.
“Hai voglia di provare la trapanazione?” chiede John di punto in bianco. Paul preso alla sprovvista risponde: “Beh, cos’è?”. “Praticamente ti viene fatta una specie di buco nel cranio, dovrebbe alleviare la pressione” dice John. Paul resta per un attimo senza parole, è sorpreso da come l’amico gli proponga una follia del genere con tono così serio. John infatti non stava scherzando. “Andiamo la prossima settimana, conosciamo un ragazzo, tale Bart, lui può farlo e forse potremmo andare tutti insieme”. “Guarda, tu vai e fattelo fare, e se funziona, fantastico, ci racconterai tutto e verremo a farlo con te”.
Quando raccontò quest’aneddoto al Musician Magazine, Paul McCartney concluse dicendo: “...John era il più aperto di noi a questo genere di cose”.
The Beatles, Fixing a hole, scritta da Paul McCartney,
Sgt. Pepper’s Lonely Hearst Club Band, Parlophone, 1967
and stops my mind from wandering
where it will go
I’m filling the cracks that ran though the door
and kept my mind from wandering
where it will go
And it really doesn’t matter
if I’m wrong I’m right
where I belong
I’m right where I belong
see the people standing there
who disagree and never win
and wonder why they don’t get in my door
I’m painting my room in a colorful way
and when my mind is wandering
there I will go
And it really doesn’t matter
if I’m wrong I’m right
where I belong I’m right
where I belong
silly people run around
they worry me and never ask me
why they don’t get past my door
I’m taking my time
for a number of things
that weren’t important yesterday
and I still go
I’m fixing a hole
where the rain gets in
and stops my mind from wandering
where it will go
where it will go
I’m fixing a hole where the rain gets in
and stops my mind from wandering
where it will go
e impedisce alla mia mente di vagare
dove vuole
Sto riempiendo le fessure che attraversavano la mia porta
e non lasciavano vagare la mia mente
dove vuole
E davvero non importa
se ho torto, ho ragione
a casa mia ho ragione,
a casa mia
vedo là quelle persone
che litigano e non vincono mai
e mi chiedo perché non varchino la mia porta
Sto dipingendo la stanza a tinte vivaci
e quando la mia mente vaga
andrò lì
E davvero non importa
se ho torto, ho ragione
a casa mia ho ragione,
a casa mia
vedo là quelle persone
che litigano e non vincono mai
e mi chiedo perché non varchino la mia porta
Mi sto prendendo il tempo
per una quantità di cose
che ieri non erano importanti
e ancora vado
Sto riparando un buco
che lascia entrare la pioggia
e impedisce alla mia mente di vagare
dove vuole, dove vuole
sto riparando un buco
che lascia entrare la pioggia
e impedisce alla mia mente
di vagare dove vuole.
Da La Q di Qomplotto. Qanon e dintorni. Come le fantasie di complotto difendono il sistema (2021) di Wu Ming 1:
Mercoledì 9 novembre 1966, alle cinque del mattino, Paul McCartney era morto in un incidente stradale.
Prima di dare la notizia, Brian Epstein e i Beatles superstiti avevano tenuto un mesto conciliabolo. Cosa sarebbe accaduto da lì in avanti? Il dolore dei fan, e soprattutto delle fan, sarebbe stato immenso. Ci sarebbe stata isteria di massa, l'onda emotiva si sarebbe innalzata fino a travolgere la band, di fatto decretandone la fine.
Quella mattina Brian, John, George e Ringo avevano ragionato da strutturalisti: l'ordine simbolico aveva strutture costanti. I posti in quello spazio venivano prima delle cose e degli esseri reali che li occupavano. «Padre, madre ecc. sono prima di tutto luoghi in una struttura». I padri e le madri passavano e andavano, ma il luogo del padre e quello della madre restavano.
In quell'ordine la band occupava una casella che senza Paul non avrebbe potuto mantenere. I Fab Four non potevano diventare i Fab Three. Men che meno potevano rimpiazzare Paul...
No, un momento, aveva detto John. Non potevano rimpiazzare Paul apertamente. Ma potevano farlo in segreto!
Nella disperazione del momento, tutti si erano aggrappati a quell'idea. Brian aveva contattato il vincitore di un concorso di qualche mese prima, una gara di sosia di Paul. Era uno scozzese di nome William Shears Campbell, detto Billy. Per felice coincidenza anche lui suonava e cantava, e aveva pure talento. Lo avevano incontrato. Gli avevano offerto la vita, il prestigio e lericchezze di Paul su un vassoio di platino. Gli avevano offerto di entrare nei Beatles. Avrebbe rinunciato al suo vero nome e al suo passato, ma la vita che lo attendeva era esaltante. La voce era un po diversa da quella di Paul, e la somiglianza non era perfetta, ma un po' di esercizi vocali e un piccolo intervento plastico avrebbero risolto quei problemi. Allora, che ne pensava?
Billy aveva accettato al volo.
John aveva continuato a rimuginarci sopra. Quella morte e quella sostituzione avevano un tale numero di implicazioni, di sottintesi... Se ne poteva fare un culto misterico. Esoterico. Venirne a conoscenza avrebbe garantito ai fan l'accesso al secondo livello della beatlemania. Simboli da interpretare. Messaggi nascosti nella musica e nelle copertine degli album. L'inveramento di quell'intervista all'Evening Standard: i Beatles come nuova religione. Una religione gnostica.
John avrebbe organizzato una caccia al tesoro alchemico dei Beatles.
Il primissimo articolo su Paul morto e sostituito da un sosia si intitolava "Is Beatle Paul McCartney Dead?" ed era uscito il 17 settembre 1969 su The Drake Times Delphic, giornale studentesco della Drake University di Des Moines, Iowa. L'autore, Tim Harper, aveva raccolto la voce quando aveva appena cominciato a circolare. Ma per disseminarla c'era voluta la radio.
Il 12 ottobre Russ Gibb, disc jockey della Wknr di Detroit, aveva ricevuto la telefonata in diretta di un certo Tom, che gli aveva chiesto un parere sulla morte di McCartney. La morte di McCartney? Gibb non ne sapeva nulla. Tom gli aveva suggerito di prendere il White Album, ascoltare Revolution 9 e, nel punto in cui si ripeteva «number nine», far girare il vinile al contrario.
Incuriosito, Gibb lo aveva fatto, in diretta. Rovesciata, la frase diventava: «Turn me on, dead man». Accendimi, uomo morto?
Tom aveva dato altre istruzioni e Russ le aveva seguite. Nel finale di Strawberry Fields Forever John sembrava scandire «I buried Paul». In realtà, per chissà quale motivo, cantilenava «cranberry sauce », salsa di mirtilli rossi. Ma «ho sepolto Paul» aveva senz’altro più senso.
Migliaia di persone stavano ascoltando.