“[...] Col successo della Prima Crociata e la fondazione del regno di Gerusalemme comincia un’epoca di guerriglia continua, di scontri ma anche di tregue, di negoziati, di commerci, come è inevitabile. Il regno crociato non avrebbe potuto durare due secoli, sia pure dissestato dal continuo conflitto con il mondo musulmano, senza che ci fossero anche innumerevoli momenti di incontro, momenti in cui si è costretti a dialogare, in cui un singolo emiro non ha più voglia di fare il jihad e preferisce mettersi d’accordo col singolo principe cristiano, suo confinante. Momenti del genere ce n’è tanti e noi abbiamo la fortuna che uno di questi principi turchi, l’emiro di Cesarea, in Siria, abbia scritto un libro in cui racconta un gran numero di aneddoti tratti dalla sua esperienza personale, di capo musulmano che ha molto combattuto contro i crociati, ma che ha anche molto negoziato e trattato con loro. Questo signore si chiama Usama; la grafia consueta è con la U ma naturalmente è lo stesso nome islamico ben più noto oggi grazie ad un altro Osama. Si chiama Usama Ibn Munqidh e ora vedremo alcuni brani dal suo libro che un grande arabista italiano, Francesco Gabrieli, parecchio tempo fa ha tradotto in italiano, nel suo Storici arabi delle Crociate. Brani che tracciano un percorso nell’osservazione di questa strana gente che sono i franchi. Che siano gente strana non c’è dubbio: sono rozzi e ignoranti, anche i turchi su questo concordano con i bizantini. Usama ci offre anche delle testimonianze di questa loro rozzezza e ignoranza, per esempio nella pratica della medicina. Racconta, dunque, Usama che un certo capo crociato gli aveva chiesto di mandargli un medico, perché c’erano dei malati che i medici franchi non riuscivano a curare; era un periodo di tregua e l’emiro manda un medico, un arabo cristiano, a nome Tabit. Il medico, però, «dopo nemmeno dieci giorni fu di ritorno. Noi gli dicemmo: hai fatto presto a curare quei malati! Ed egli raccontò: Mi presentarono un cavaliere che aveva un ascesso a una gamba e una donna afflitta da una consunzione. Feci un impiastro al cavaliere e l’ascesso si aprì e migliorò. Prescrissi una dieta alla donna, rinfrescandone il temperamento. Quand’ecco arrivare un medico franco che disse: Costui non sa affatto curarli, e rivolto al cavaliere gli domandò: cosa preferisci, vivere con una gamba sola o morire con due gambe? E avendo quello risposto che preferiva vivere con una sola gamba, ordinò: conducetemi un cavaliere gagliardo e un’ascia tagliente. Vennero il cavaliere e l’ascia, ed io» – è sempre il medico arabo che racconta – «ero lì presente. Colui adagiò la gamba su un ceppo di legno e disse al cavaliere: dagli giù un gran colpo di ascia che la tronchi netto. E quegli sotto i miei occhi la colpì d’un primo colpo e, non essendosi troncata, di un secondo colpo. Il midollo della gamba schizzò via, e il paziente morì all’istante. Esaminata quindi la donna disse: costei ha un demonio nel capo, che si è innamorato di lei; tagliatele i capelli. Glieli tagliarono e quella tornò a mangiare dei loro cibi, aglio e senape, per cui la malattia le aumentò. Il diavolo è entrato nella sua testa, sentenziò colui; e preso il rasoio le aprì la testa a croce, asportandone il cervello fino a farne apparire l’osso del capo, che colui strofinò col sale; e la donna all’istante morì. A questo punto io domandai: avete più bisogno di me? Risposero di no, e io me ne venni via, dopo aver imparato della loro medicina ciò che prima ignoravo». Molto istruttivo: ma c’è anche un rovescio della medaglia. Perché è chiaro che il nostro Tabit, arabo cristiano, ha alle spalle una cultura raffinatissima, che è quella greca, naturalmente: gli arabi conoscono gli autori greci, li leggono, li usano. La loro è una medicina fondata sulla teoria degli umori, dell’equilibrio degli umori: quella stessa medicina di Ippocrate e Galeno che sarà poi riscoperta in Occidente e che nel Rinascimento e nell’età moderna sarà praticata anche in Europa. Una medicina che si basa su una straordinaria tradizione culturale, ma che in realtà è completamente inefficace, perché la teoria galenica non ha il minimo fondamento scientifico e quindi nessun medico, antico o del Rinascimento, ha mai curato nessuno se non per caso, seguendo quei precetti. Certo che la medicina di Tabit suona molto più raffinata rispetto alla chirurgia degli occidentali: e tuttavia quando parlo di chirurgia non esagero, perché l’operazione di trapanazione del cranio descritta da Usama fa certo un po’ impressione, però noi sappiamo che in quei secoli in Occidente si comincia davvero a studiare la possibilità di trapanare il cranio, e di guarire i traumi cranici in quel modo. Forzando un po’ le cose, ma neanche troppo, potremmo quasi dire che quei rozzi franchi che non sanno curare se non tagliando e segando siamo ancora noi: e infatti quali malattie sappiamo guarire? Soprattutto quelle dove è possibile intervenire chirurgicamente. È una propensione fondamentale della civiltà occidentale, questa verso la pratica, che si profila già nel Medioevo dei crociati.”
Benedette Guerre. Crociate e jihad, Alessandro Barbero, Editori Laterza, 2019