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Lo studio di Antonio Perticara è quasi spoglio, perché il lavoro su cui si concentra da
alcuni anni ha una struttura introflessa che si distende solo nel momento in cui viene
presentato in pubblico con una modalità che rientra nello sfrangiato territorio della lecture
performance. Resa celebre da Joseph Beuys negli anni Settanta, questa particolare
declinazione dell’azione dal vivo – tanto lontana dalla Body Art quanto infiltrata da
attitudini concettuali e di critica istituzionale – ha assunto caratteristiche mutevoli tra le
mani di danzatori e attori, artisti visivi o cineasti. Davanti al pubblico essi parlano, spiegano,
raccontano, dimostrano, convincono, denunciano… utilizzando il linguaggio del corpo oltre
a quello verbale, ricorrendo a oggetti semplici o dispositivi ad hoc prelevati dall’ambito
pedagogico, scientifico, mediale e quotidiano.
Chi ha sparato ai dinosauri? (2022-2025) è un racconto paradossale che Perticara ha
costruito raccogliendo indizi, materiali d’archivio, brani letterari e musicali, attorno
all’ipotesi non priva di qualche plausibile addentellato scientifico, che la trapanazione del
cranio possa schiudere potenzialità cognitive e psichiche inesplorate. A dispetto
dell’invasività, tale intervento permetterebbe alla mente di dispiegarsi oltre i limiti angusti
della scatola cranica e alle energie cosmiche invisibili di raggiungerla.
La collezione di spunti e suggestioni vive nell’intreccio di una doppia articolazione:
le sezioni di un’affascinante mappa concettuale sono attivate live tramite telecamera con la
sovrapposizione di una proiezione power point. Nella mappa, tracciata direttamente sulla
parete, tutto comunica virtualmente con tutto: da un qualsiasi nodo attraverso una serie di
passaggi più o meno diretti si può arrivare al polo opposto del diagramma. La fluidità
grafica e l’orizzontalità concettuale tengono insieme elementi disomogenei per tipologia e
cronologia: dall’iconografia del folle nei dipinti di Hieronymus Bosch alla psichiatria, dalla
psichedelia alla fanta-archeologia, dalla musica pop fino alle teorie del complotto. La
sequenza dei materiali proiettati, invece, è liberamente riconfigurata dall’artista,
potenzialmente aperta a implementazioni anche dall’esterno, cioè da parte del pubblico per
esempio, se disposto a farsi catturare da una catena di coincidenze degne di un racconto
poliziesco, con tanto di vittima. Come di fronte alla ricerca di Walid Raad, ci viene chiesto
di sospendere il giudizio e pare aver fatto altrettanto anche Perticara che, nel comunicare
tale sorprendente montaggio assume una postura ambigua, in bilico tra adesione e
scetticismo, tra fascinazione e ironia: legge, recita a memoria o improvvisa sulla scorta di
istruzioni altrui?
L’operazione suggerisce il modo in cui in rete si passa da un sito a un blog attraverso
collegamenti ipertestuali che non seguono alcuna concatenazione logica, ma piuttosto si
aprono a raggiera: qualsiasi parola è relais per cambiare argomento e contesto. Non a caso,
gli interrogativi sollevati da Chi ha sparato ai dinosauri? riguardano il modo in cui tramite
il web, i social media e la cosiddetta intelligenza artificiale si costruiscono e diffondono
credenze e convinzioni non meditate né verificate, ma orecchiate e assunte per buone. Lo
stile, spiega Perticare, è in debito con l’edutainment, una forma di intrattenimento che
veicola contenuti para-educativi a suon di ritornelli, personaggi giocosi e grafica dai colori
sgargianti. Una formula adatta all’apprendimento acritico, superficiale e sommario che,
senza alcuna prepotenza apparente, si insinua nei ragionamenti dei più sprovveduti (e non
solo).
Francesca Gallo
Antonio Perticara’s studio is almost bare, because the work he has been focusing on for several years has an introverted structure that only unfolds when presented in public, through a mode that falls within the fringed territory of lecture performance. Made famous by Joseph Beuys in the 1970s, this particular form of live action—far removed from Body Art, yet infused with conceptual attitudes and institutional critique—has taken on changing characteristics in the hands of dancers and actors, visual artists, or filmmakers. In front of the audience, they speak, explain, narrate, demonstrate, persuade, denounce… using body language in addition to spoken words, and employing simple objects or specially designed devices drawn from pedagogical, scientific, media-related, or everyday contexts.
Who Shot the Dinosaurs? (2022–2025) is a paradoxical narrative that Perticara constructed by gathering clues, archival materials, literary and musical excerpts, around the hypothesis—one not without some plausible scientific footholds—that trepanation of the skull might unlock unexplored cognitive and psychic potential. Despite its invasive nature, such an intervention would allow the mind to unfold beyond the tight confines of the cranial box and enable invisible cosmic energies to reach it.
The collection of cues and suggestions comes to life through the intertwining of a double articulation: the sections of a fascinating conceptual map are activated live via a camera, with an overlay of a PowerPoint projection. On the map, drawn directly on the wall, everything virtually communicates with everything else: from any given node, through a series of more or less direct connections, one can reach the opposite pole of the diagram. The graphic fluidity and conceptual horizontality hold together elements that differ in type and chronology: from the iconography of madness in the paintings of Hieronymus Bosch to psychiatry, from psychedelia to pseudo-archaeology, from pop music to conspiracy theories. The sequence of projected materials, on the other hand, is freely reconfigured by the artist, potentially open to input even from outside—that is, from the audience, for instance, if willing to be drawn in by a chain of coincidences worthy of a detective story, complete with a victim. As with the work of Walid Raad, we are asked to suspend judgment, and Perticara seems to do the same: in presenting this surprising montage, he adopts an ambiguous stance, wavering between adherence and skepticism, between fascination and irony: is he reading, reciting from memory, or improvising based on someone else’s instructions?
The work evokes the way we navigate online, from one site to a blog via hyperlinks that follow no logical sequence but instead fan out in all directions: any word becomes a relay to shift topic and context. Unsurprisingly, the questions raised by Who Shot the Dinosaurs? concern how, through the web, social media, and so-called artificial intelligence, beliefs and convictions are constructed and spread—unconsidered and unverified, merely overheard and taken as truth. The style, Perticara explains, is indebted to edutainment, a form of entertainment that conveys para-educational content through jingles, playful characters, and brightly colored graphics. A format suited to uncritical, superficial, and cursory learning that, without any apparent forcefulness, slips into the reasoning of the most gullible (and not only them).